Eventi chiave
Questo mese, più che di eventi chiave, è appropriato parlare di un unico, indiscusso protagonista. Il palcoscenico globale è stato dominato da Donald Trump, il quale ha monopolizzato il dibattito nei mercati, nella politica internazionale, sui media tradizionali e su quelli sociali (del resto da lui ampiamente utilizzati).
Dopo il suo ritorno alla Casa Bianca il 20 gennaio, il suo operato ha rapidamente polarizzato l’interesse globale, con impatti diretti sull’economia, sulla geopolitica e sulle aspettative finanziarie.
Dai primi decreti esecutivi alle scelte di politica estera, passando per la sua visione economica e le relazioni con le istituzioni finanziarie, ogni dinamica rilevante ha avuto il nuovo Presidente degli USA come fulcro. Non è stato un mese di eventi distinti, ma di un’unica costante. Il suo modo di comunicare, prima ancora che di agire, segue una strategia che si colloca agli antipodi rispetto a quelle adottate in passato dai più importanti leader mondiali.
Se la politica tradizionale ha spesso privilegiato diplomazia, misura nelle parole e costruzione di consenso, Trump si muove su un piano diametralmente opposto: provocazione, immediatezza e rottura degli schemi. La sua narrativa è costruita su dichiarazioni dirette, anche incendiarie, che bypassano i filtri istituzionali e mediali, arrivando senza mediazioni all’opinione pubblica ed agli elettori. Ogni messaggio non è solo una comunicazione, ma un’arma di posizionamento, capace di generare reazioni forti e spostare il focus dell’agenda politica a suo favore.
“You should have never started it. You could have made a deal”
(18.02.25 D. prende posizione alla sua maniera sul conflitto tra Russia ed Ucraina, attribuendo l’inizio del medesimo all’agire di Kiev)
L’impatto di Trump non si è limitato alla politica e alla diplomazia, ma ha investito con forza anche la macroeconomia. Le sue prime mosse (v. avvertimenti e decisioni operative) in materia commerciale hanno già prodotto ripercussioni significative sui mercati globali, influenzando aspettative di crescita, politiche monetarie e flussi di capitale.
Emblematico, in questo senso, il fatto che il presidente della Fed, Jerome Powell, abbia dichiarato come, per il momento, l’istituto intenda rimanere alla finestra. Prima di intervenire sui tassi di interesse, la Federal Reserve ritiene di dover monitorare attentamente gli effetti delle prime mosse del nuovo governo, segnalando così l’incertezza e la potenziale ridefinizione dello scenario macroeconomico sotto la nuova amministrazione.
Questo atteggiamento di “wait and see” rischia di incrementare i timori di investitori e operatori economici, già alle prese con segnali macroeconomici contrastanti: da un lato emergono indizi di rallentamento della crescita, mentre dall’altro persistono spinte inflazionistiche che lasciano intravedere una possibile ripresa della salita dei prezzi. Oltretutto con un quadro generale già reso nervoso di suo a causa dell’“effetto Trump”.
In Europa i temi macroeconomici che hanno tenuto banco sono stati (in ordine temporale): il rischio dell’imposizione di dazi doganali dagli USA, il possibile impatto derivante dalla fine del conflitto Russia-Ucraina e l’esito delle elezioni tedesche. In generale si deve prendere nota di come, almeno fino ad ora, gli investitori restino improntati alla fiducia.
Prospettive
Fino a ora, l’operato del presidente statunitense Donald Trump, per quanto impetuoso, ha inciso solo su alcuni comparti dei mercati finanziari (quanto accaduto al Bitcoin negli ultimi giorni è indubbiamente significativo), ma non si può escludere che uno stile di comunicazione tanto diretto e poco lineare possa finire per pesare maggiormente sugli umori degli investitori.
Detto in altre parole: a Washington si è messa molta carne al fuoco, e il calore con cui questo viene alimentato lo sta portando a livelli incandescenti. Difficile pensare che ciò non comporti un aumento dei rischi. A marzo, grande attenzione sarà anche rivolta alle riunioni delle principali banche centrali mondiali: la BCE il 6, la Fed il 19, seguite da BNS e BoJ il 20.
Questi incontri saranno cruciali, poiché le istituzioni saranno chiamate a prendere posizione di fronte a dinamiche macroeconomiche e politiche che nel 2025 si stanno evolvendo in modo diverso rispetto sia all’anno precedente (congiuntura), sia a parecchi decenni a questa parte (politica).