Eventi chiave
Ci lasciamo alle spalle l’anno finanziariamente peggiore degli ultimi cinquant’anni: i principali indici azionari internazionali hanno perso mediamente il 15% (poche le eccezioni, su tutte il mercato britannico, che chiude l’anno praticamente invariato) ed anche il mondo obbligazionario, indipendentemente dalla qualità dell’emittente, ha visto una contrazione media simile (in questo caso solo i valori a breve scadenza hanno retto all’impatto del rialzo dei tassi d’interesse).
Ci lasciamo alle spalle un anno difficile ed anche drammatico dal punto di vista geopolitico, contraddistinto dalla guerra in Ucraina e dalle recenti tensioni nel nord del Kosovo nonché dalla lunga coda del covid, senza dimenticare la “teatrale” crisi politica nel Regno Unito.
Ci lasciamo alle spalle l’anno che ha economicamente segnato il ritorno dell’inflazione, la fine della politica monetaria espansiva delle banche centrali e riacceso i timori di recessione. Gli eventi occorsi in dicembre ben riassumono la storia degli ultimi dodici mesi: i mercati finanziari non hanno vissuto il “tradizionale” rally di Natale, il presidente ucraino V. Zelensky per la prima volta dallo scoppio della guerra ha lasciato il suo paese, recandosi negli Stati Uniti in cerca di un rinnovato sostegno da parte del governo USA.
Non da ultimo le principali Banche Centrali, a fronte di dati inflattivi ancora elevati, hanno provveduto, nel corso delle ultime riunioni dell’anno, ad alzare nuovamente i tassi di riferimento, confermando nel contempo che il processo restrittivo della loro politica monetaria non è ancora terminato.
“One of the key messages, in addition to the hike that we decided today, is the indication that not only will we raise interest rates further, which is something that we had said before, but we also say that today we judged that interest rates will still have to rise significantly at a steady pace to reach levels that are sufficiently restrictive, …”
Philip Lane, membro del comitato direttivo della BCE
I più recenti dati macroeconomici confermano di fatto che l’inflazione, seppur non più in ascesa (grazie principalmente allo storno dei costi energetici), permane su livelli elevati; contemporaneamente i valori relativi allo sviluppo economico sono premonitori di un rallentamento dell’economia (verosimilmente più marcato in Europa rispetto agli USA) che probabilmente vedremo materializzarsi nel corso del primo trimestre del 2023.
Sicuramente a questa situazione contribuisce la “lunga coda” del covid: come già scritto nelle scorse “lettere”, la politica restrittiva adottata da Pechino per contenere il contagio ha avuto un sensibile effetto sulla catena produttiva internazionale ed il ripristino della stessa necessita un lungo periodo di assestamento.
Prospettive
Nella prima parte di questa “lettera” abbiamo evidenziato gli elementi che hanno caratterizzato l’anno appena terminato, ma è assolutamente evidente che buona parte dei fattori citati ci accompagneranno anche nel corso del nuovo anno: l’inflazione non sparirà, la crescita economica subirà un rallentamento e a tutt’oggi non vi sono segnali di un imminente tregua sul fronte ucraino. Non da ultimo le notizie di questi giorni, relative alla riapertura ai viaggi decretata dal governo cinese, fanno temere un nuovo risorgere della crisi sanitaria.
A questi elementi dobbiamo aggiungere un fattore che si sta sempre più evidenziando: il processo di de-globalizzazione. Come abbiamo visto post 2020, la catena produttiva internazionale ha subito un brusco stop ed una difficile ripresa (non ancora completamente realizzata). La guerra in Ucraina ha ulteriormente evidenziato questi squilibri.
Le aziende statunitensi in primis, ma anche quelle europee, stanno organizzando (anche con il sostegno dei rispettivi governi) un processo di rimpatrio di parte della catena lavorativa.
Questo fattore, se da un lato nel medio termine potrà favorire la crescita economica, nel breve termine non giocherà a favore di un rallentamento dell’inflazione. Il 2023, almeno nella sua prima parte, risulterà ancora essere un anno difficile soprattutto per i mercati azionari, mentre potrebbe risultare meno problematico per il mondo del reddito fisso. I risultati societari potranno dare qualche indicazione in più sulla salute dell’economia, mentre i valori obbligazionari dovrebbero avere uno sviluppo più lineare rispetto a quest’anno (a meno di ulteriori sorprese da parte delle banche centrali).
Difficile fare previsioni sulla seconda parte dell’anno, segnaliamo però che buona parte degli analisti finanziari prevede un miglioramento a partire dalla prossima estate.